Ogni imbarcazione, oltre a un’anima, ha una storia che ne determina il fascino. Orianda non fa eccezione. La sua storia, potrebbe tranquillamente essere la trama di un romanzo e si dipana attraverso attribuzioni regali, requisizioni belliche, navigazioni come nave scuola, armatori-stelle del rock e incendi fortunosamente spenti. La seduzione che esercita un’imbarcazione come Orianda, è quella provata di fronte ad un oggetto misterioso che nasconde un passato affascinante e segreto. Uno yacht dalle linee sinuose, ma dall’ossatura possente, fatto per gareggiare, ma pensato per offrire ogni comfort deve certamente vantare augusti natali. Ecco allora che, in attesa del restauro che lo ha riportato al meritato splendore, uno dei nuovi proprietari comincia le sue ricerche. Le prime notizie raccolte lo davano come appartenuto al re di Danimarca Christian X, che lo avrebbe commissionato quale imbarcazione di piacere nel 1937; altre fonti indicavano la committenza di un presunto Duca di Oresund, della cui esistenza non vi era però alcuna certezza. Esistono tuttavia fonti estremamente precise da consultare e, se il Royal Yacht Registry, che raccoglie i nomi di tutte le imbarcazioni possedute o in uso dalle famiglie reali o dagli Stati sovrani,
non dava alcuna indicazione in tal senso, il Registro dei Lloyds di Londra riportava invece notizie di una goletta con le stesse caratteristiche. Nel 1939 proprietario e skipper dello schooner Ragna IV era un certo signor Ole Sundø. Se poi, al di là dell’indubbia assonanza nel nome con il fantomatico Duca di Oresund, il signor Ole fosse anche nobile, non ci è dato sapere. Fatto ancora più interessante, il Registro riporta anche il nome del progettista che lo aveva disegnato nel 1937 come imbarcazione cruiser racer: Oscar W. Dahlström. Lo schooner in questione era stato costruito nel cantiere danese di Carl Andersen in Faaborg nel 1938 e le specifiche riportate ricalcavano esattamente quelle dell’attuale Orianda. Una fotografia d’epoca lo ritrae in navigazione e ne descrive le caratteristiche: lunghezza fuori tutto 25,90 metri, linea d’acqua 16,80 metri, baglio massimo 5,05 metri, carena di 3,2 metri con una superficie velica di 256 metri quadrati. Ma questo era solo l’inizio della storia.
Basandosi sui documenti che sono riusciti a raccogliere, i nuovi armatori contattano i successivi proprietari o i loro discendenti. Dal Barone John Raben-Levatzau vengono a sapere che Ragna IV venne acquistato dal padre, Otto, nel 1944 quando fu rinvenuto lungo la costa danese. Aveva subito lo stesso destino di quasi tutte le imbarcazioni da diporto dell’epoca: disalberato e disarmato dai nazisti per evitare la possibilità di essere usato dalla popolazione per fuggire. Riattrezzato nel piccolo porto di Svendborg, non lontano da dove era stato costruito, Ragna IV venne dotato di una nuova alberatura ricavata dagli alberi secolari della residenza danese dei Raben-Levatzau, il castello di Aalohm. Fino al 1951 continuò ad essere iscritto al Registro navale di Copenhagen prima di essere portato nei mari di Svezia dove venne immatricolato nel Registro reale svedese con il nome di Sabina. Vi resterà fino al 1957 quando salperà per il sud della Francia per iniziare un’attività di charter. Pochi anni dopo, nel 1960, cambierà nuovamente proprietario, acquistato dall’allora console generale greco in Svezia, Stergios C. Souyouldjoglen. Tra gli Anni 60 e gli Anni 80 le tracce si fanno fumose e Orianda sembra scomparire. Le uniche notizie faticosamente raccolte lo davano, negli Anni 70, appartenente a uno yacht club tedesco dove veniva verosimilmente impiegato come nave scuola.
Riappare nel 1981 ad Antigua: ha cambiato per l’ultima volta nome e i suoi alberi sono ora in acciaio e costruiti con tale cura da suscitare ancora oggi ammirazione. Il proprietario è un anziano francese di Marsiglia che lo cede a Neil Peart, il batterista del popolare gruppo rock canadese dei Rush. Nella sua biografia Roadshow, Peart cita più volte Orianda e le lunghe navigazioni compiute nelle acque delle Virgin Islands. Proprio durante una di queste sembra abbia avuto l’ispirazione per comporre i testi di uno dei pezzi più famosi della band: The analog kid (un’intrigante ricordo del complesso rock dei Rush e di quella canzone in particolare fa oggi bella mostra di sé a bordo). Successivo proprietario è Peter Phillips, che acquista lo schooner nel 1987 e rischia di perderlo proprio il giorno dopo l’acquisto. Nello specchio di poppa dello yacht divampa un incendio e solo l’intervento di tutti i presenti nel porto di West End, a Tortola, gli consentono di salvarlo. Phillips organizza allora un piccolo cantiere di fianco al molo d’ormeggio chiamando maestranze dalla Nuova Zelanda e mastri d’ascia dall’Australia e dall’Inghilterra. Con una sottoscrizione e con l’affetto di tutti gli isolani riesce a restaurarlo e, cinque mesi dopo, Orianda torna a solcare i mari e l’oceano partecipando a numerose regate di vele storiche, tra cui la Nioulargue di Saint-Tropez. Chi, nel corso dei suoi viaggi, avrà la fortuna di sostare nel porto delle Azzorre e vorrà sciacquarsi il salso dalla gola bevendo un boccale di birra in compagnia dei marinai locali, potrà ritrovarsi in un bar il cui bancone è ornato da un boma.
È il boma della trinchetta di Orianda, perso al gioco dallo skipper durante la traversata che lo riportava in Europa. È solo uno degli innumerevoli aneddoti attorno alla straordinaria storia di questo schooner. Nel 1991 passa ancora di mano. Il nuovo proprietario se lo godrà con la famiglia per quasi vent’anni apportando diverse migliorie allo scafo e partecipando orgogliosamente alla regata di vele storiche di Valencia. Nel 2008 se ne innamora uno degli attuali proprietari, alla ricerca di uno yacht in grado di traversare l’Atlantico se non addirittura circumnavigare il globo. È giovane e ha ereditato dal padre la passione per il mare e per le belle barche. Nel 1995 aveva acquistato Delfino, un ketch Marconi del 1939, e dopo sei anni di faticoso lavoro, grazie anche all’intervento di Enrico Zaccagni, un uomo che ha dedicato la propria vita al restauro di barche storiche, lo aveva riportato allo splendore originario.
Dopo averla acquistata, porta Orianda nel cantiere laziale della Tecnomar per un accurato restauro che le donerà una nuova giovinezza. Lo stesso Zaccagni è incaricato di seguire i lavori. Viene aggiornata tutta l’impiantistica, l’apparato motore e quello idraulico, col risultato che ora sono sufficienti solo tre persone di equipaggio per offrire agli ospiti il sogno di una navigazione d’antan. “Una barca straordinaria”, dice uno degli armatori, “con una struttura particolarissima, dotata di un’ossatura che la rende solidissima, ma che non la rallenta affatto. Una barca comoda e asciutta in grado di affrontare qualsiasi mare”. Inutile domandare loro il perché della scelta di armare un’imbarcazione storica. La risposta è nell’orgoglio provato nel vederla prendere il mare e nell’emozione trasmessa dai precedenti proprietari, prima fra tutte il pianto commosso di Peter Phillips quando l’ha visitata dopo il restauro. La scelta dello skipper, Simone Pandolfi, che ha posto come unica condizione quella di far navigare Orianda quanto più possibile, ha trovato concordi tutti i soci che hanno deciso di coinvolgerlo sin da subito nelle operazioni di restauro e nella scelta dell’equipaggio. Orianda è ora pronta a sfilare e battersi nelle prossime regate per vele storiche a Cannes e Saint-Tropez, ma soprattutto a incantare coloro che vorranno entrare a far parte, seppure per una breve vacanza, della sua straodinaria storia.
Testo di Francesco Businaro e Alberto Marulli, pubblicato sul numero 61 di Arte Navale. Su gentile concessione della rivista Arte Navale. È fatto divieto per chiunque di riprodurre da mareonline.it qualsiasi immagine se non previa autorizzazione direttamente espressa dall’autore delle immagini al quale spettano tutte le facoltà accordate dalla legge sul diritto d’autore, quali i diritti di utilizzazione economica e quelli morali.
pubblicato il 14 Marzo 2015 da admin | in Barche a vela oltre i 15 metri | tag: Neil Peart, Ole Sundø, Ragna IV | commenti: 0