All’epoca d’oro dell’industria baleniera, tra il 1825 e il 1865, lungo le coste del New England erano registrate più di 700 navi baleniere e nel vicino Massachusetts le città di New Bedford (a meno di 100 chilometri a sud di Boston) e Nantucket (l’isola omonima è a circa 46 chilometri dalla costa) si contendevano il titolo di porto più importante nella caccia ai cetacei. Le balene allora erano sinonimo di ricchezza, soprattutto i capodogli, per la massiccia quantità di grasso da cui si estraeva l’olio usato per l’illuminazione e per la lubrificazione dei macchinari industriali. New Bedford si era presto guadagnata la fama di “città che illumina il mondo”: negli anni ’40, con l’arrivo della ferrovia, aveva avuto rapido accesso agli importanti mercati di Boston e New York e si era arricchita. Lo testimoniano le sue belle case del County Street Historic District, nei vari stili che andavano di moda nella prima metà dell’Ottocento: federale, italiano, greek e colonial revival. In una di queste case, al 100 di Madison Street, oggi elegante bed & breakfast, Herman Melville, ha passato alcuni mesi nel 1860, ospite della sorella Kate Hoadley, per riposarsi dalle tensioni e preoccupazioni di New York.
E in Moby Dick (cap. VI) ricorda le bellezze architettoniche del posto: “in nessun altro punto dell’America troverete un numero maggiore di case patrizie, parchi e giardini più ricchi che a New Bedford”. Le case sono tuttora residenze private, ma ne è visitabile una, diventata museo, The Rotch-Jones-Duff House and Garden Museum, appartenuta a tre importanti famiglie legate alla baleneria. Il benessere economico dipendeva infatti interamente dalle balene. Ma l’aumento del numero delle navi baleniere e la conseguente drammatica diminuzione dei cetacei fece si che gli equipaggi dovessero osare sempre più e spingersi sempre più lontano, oltre Capo Horn, verso il Pacifico. A bordo c’era un mix razziale anche se in genere i capitani erano del luogo. Tra i marinai si contavano afro americani, portoghesi dell’arcipelago delle Azzorre e i capoverdiani che tuttora formano grandi comunità di New Bedford.
Partivano per stare in mare anche quattro anni. Nel tempo libero, per guadagnare un po’ di soldi in più o per portare un regalo alla donna amata, i più abili si dedicavano a intagliare o scolpire a mano, come i denti e gli ossi dei capodogli o le conchiglie. Ne sono nati gli scrimshaw (cliccate qui per leggere l’articolo Scrimshaw, i denti di capodoglio trasformati dai marinai in capolavori) , lavori di straordinaria bellezza e di valore inestimabile.
Basti pensare che un dente di capodoglio intarsiato a bordo della baleniera Susan, è stato venduto a 10mila dollari negli anni ’70 e un altro a 100mila dieci anni dopo. L’interesse per questi piccoli oggetti in avorio è aumentato negli anni Cinquanta e Sessanta quando il presidente John Kennedy ha iniziato a collezionarli (e sono aumentati i falsi, alcuni così ben eseguiti che è difficile anche per gli esperti distinguerli con sicurezza). Lavoro duro quello del baleniere. Tanti erano quelli che lasciavano le coste del Massachusetts, ma non tutti tornavano. Un rischio che nessuno ignorava.
Lo testimonia la legge non scritta dei balenieri oggi motto della Guardia costiera americana e del Servizio di salvataggio e inserita nel logo del Nantucket Life-Saving Museum, il museo dei naufragi: you have to go out, but you don’t have to come back. (Il dovere del baleniere era quello di uscire in mare non quello di tornare indietro). E per gli uomini di Nantucket imbarcarsi era davvero un dovere, quasi un obbligo. Dopo il Wool Act del 1669 con il quale la corona inglese vietava il commercio della lana tra le colonie, l’isola, che era un vero paradiso per le pecore, aveva dovuto riconvertire la sua economia guardando verso il mare. La prima balena venne catturata dalla nave del capitano Hussey nel 1712 e nell’Ottocento Nantucket gareggia con New Bedford per il primato di porto baleniero.
La città prospera, si costruiscono molte case e un’enorme fabbrica di candele della migliore qualità che non producono fumo né odore perché fatte con lo spermaceti. Questa è una sostanza cerosa presente nel cranio del capodoglio (spermwhale). Quando l’animale è in superficie lo spermaceti è semiliquido, ma quando si inabissa con il calare della temperatura corporea il grasso cristallizza fungendo probabilmente da stabilizzatore. Nonostante nell’incendio del 1846 siano andati distrutti molti edifici, oggi Nantucket vanta il maggior numero di case costruite prima del 1850 e l’intera città è stata dichiarata “National Historic Landmark”. Le case sono piuttosto austere, rivestite da tavolette di legno a falde, shingle, che col tempo e la salsedine diventano grigie. Sul tetto hanno una terrazza, la widow’s walk, da cui si cercava di avvistare le navi in arrivo nel porto. Intorno al 1860 i derivati del petrolio, gas e kerosene, soppiantano l’olio e inizia il declino della baleneria. Le stecche di balena si usano ancora per i corsetti delle donne, ma la caccia non è più redditizia. Comincia a crescere anche una nuova sensibilità nei confronti dei cetacei sterminati ormai fino al punto di essere minacciati di estinzione.
Da prede le balene diventano oggetto di protezione mondiale, ma restano tuttavia una risorsa perché attirano molti studiosi, curiosi e turisti. E la storia di quegli uomini che sfidavano Moby Dick su piccoli gusci di noce è anch’essa una eredità preziosa che se raccontata bene può diventare un volano economico importante. Così le balene continuano ancora oggi ad essere il fulcro della vita delle due cittadine. New Bedford ha creato il Whaling National Historical Park, un’enorme area di 13 ettari nella parte bassa della città, vicino al mare, che comprende anche il museo con il più grande modello di baleniera al mondo, il Ladoga, a scala 1:2, costruita nel 1916. Nantucket già verso la fine dell’Ottocento ha scoperto la sua vocazione al turismo riconvertendo alcune case in alberghi e la fabbrica di candele nel Whaling Museum che tra l’altro contiene la pressa originale per l’estrazione dell’olio e lo scheletro intero di un capodoglio. Accanto c’è il Lightship Basket Museum con i famosi cestini fatti a mano dai guardiani dei fari galleggianti. Da maggio a ottobre proprio da Nantucket, come da Boston e da altri porti del Massachusetts, si parte per andare incontro alle balene, in barche di circa trenta 30 metri dotate di sonar e con un osservatore scientifico che guida la visita. L’escursione dura tre ore e si dirige verso il Stellwagen Bank, una zona dall’acqua meno fredda e ricca di plancton, prediletta dalle megattere. Entusiasmante l’esperienza di osservare da vicino gli enormi cetacei saltare fuori dall’acqua.
Testo di Patrizia Giovannetti pubblicato sul numero 58 di Arte Navale. Su gentile concessione della rivista Arte Navale. Le immagini di Fausto Giaccone sono pubblicate su gentile concessione della rivista Arte Navale. E’ fatto divieto per chiunque di riprodurre da mareonline.it qualsiasi immagine se non previa autorizzazione direttamente espressa dall’autore delle immagini al quale spettano tutte le facoltà accordate dalla legge sul diritto d’autore, quali i diritti di utilizzazione economica e quelli morali.
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pubblicato il 5 Dicembre 2024 da admin | in Musei nel mondo, Storie, Viaggi & Rotte nel mondo | tag: baleniera Susan, caccia alle balene, Herman Melville, Ladoga, Lightship Basket Museum, megattere, museo dei naufragi, Nantucket, Nantucket Life-Saving Museum, navi baleniere, New Bedford, plancton, scrimshaw, Stellwagen Bank, Whaling National Historical Park | commenti: 0