La parola chiave la conosciamo tutti, è talento. Ma detta così sembra troppo limitata e limitante per raccontare il lavoro di un fotografo come Massimo Brega. Perché – e anche questo lo sappiamo bene -, il talento da solo non basta. Certamente non è da tutti saper guardare il mondo come se lo si stesse inquadrando dentro un fotogramma, “tagliare” la realtà nel momento stesso in cui la si osserva, cogliere, senza sforzo apparente, l’originalità di una prospettiva, la particolarità di una simmetria, il contrasto delle luci. Ma per fare di tutto questo una professione e portare questa professione ad alti livelli ci vogliono altri ingredienti alcuni dei quali altrettanto incorporei e sfuggenti a ogni definizione come il talento. “Uno è senz’altro la curiosità”, si racconta Massimo Brega, “quella smania di conoscere che hanno i bambini pronti a chiedersi sempre perché? Come? Quando? Dove? Un altro è la capacità di meravigliarsi di fronte alla realtà, di stupirsi per la bellezza di un paesaggio, per il sorriso di una donna, per la geometria di un groviglio di strade, per il gioco dei colori sulla facciata di un grattacielo”. Poi ci sono qualità che possono essere coltivate con il tempo, la pratica e lo studio: come la pazienza, l’attenzione al particolare, la ricerca della perfezione, lo sforzo costante di non accontentarsi mai, di cercare sempre nuove soluzioni, di non ripetersi, di mettersi sempre in discussione. Classe 1968, look anni ’70 (barba alla Che Guevara, camicia militare), Massimo Brega sa come accendere in chi lo incontra quella immediata simpatia che è spesso l’arma segreta di chi fa fotografia e deve vincere la ritrosia dei suoi soggetti, la loro timidezza se non addirittura l’ostilità.
Comincia come fotografo di natura, (è grande ammiratore di Konrad Lorenz, osservatore instancabile del mondo degli insetti, seguace di Gerald Durrel). Ma la sua ricerca via via si approfondisce, si dirama fino a comprendere tutta la scienza e la tecnologia e da qui si allarga verso i territori del reportage di viaggio, della geografia, dell’antropologia. Fotografa per Airone poi per Quark, per Focus, Mondo Sommerso, Scienza e Vita, Topolino, Vogue, Tuttoturismo, Meridiani e per testate estere come Ça m’interesse, PM, National Geographic USA. Abbiamo detto del suo talento e del suo carattere.
Non abbiamo ancora parlato di tecnica, di studio, di aggiornamento continuo e di grande professionalità. Massimo Brega è un maestro dell’illuminazione, un virtuoso dei flash, delle gelatine, del lastolite (il telo bianco che riflette e ammorbidisce le luci). “La fotografia è soprattutto questo: luce”, spiega. “ Saper illuminare un soggetto, creare i giusti chiaroscuri, giocare con la profondità dei piani, con i colori di sottofondo è spesso quello che fa la differenza tra una immagine banale e una fotografia d’autore”. Anni e anni passati a fotografare per il mensile di divulgazione scientifica Quark lo hanno costretto a inventarsi uno stile che oggi non ha eguali per raccontare la ricerca, ammantare di fascino e mistero (e quindi di giochi di luce) anche il più squallido e asettico dei laboratori (il suo sito: www.massimobrega.com e www.the-lighthouse.it).
Ma la fotografia è anche taglio, interpretazione, selezione, capacità di estrapolare l’essenziale dal “rumore di fondo” di una realtà che contiene un’overdose di stimoli. E per questo ci vuole esercizio e creatività. A volte basta un colpo di fortuna e una alzataccia per cogliere Capo Horn in tutta la sua misteriosa selvaggia bellezza sotto una coltre di nubi illuminata dal sorgere del sole, ma a volte è l’esperienza (e il sangue freddo di sdraiarsi sul pack) che fa usare il grandangolo per una prospettiva del rompighiaccio ben poco banale. Altre volte è lo studio dell’inquadratura o addirittura la sua “creazione” che aiuta a far parlare l’immagine inserendo al suo interno tutto quello che serve perché possa valere le proverbiali mille parole. Come la bitta nel porto di Spitzbergen (arcipelago delle Svalbard) incorniciata dalle tendine dell’oblò di una barca ormeggiata al molo o la spiaggia bianca dell’isola di Aruba (Caraibi) forzata tra le quinte delle finestre di una capanna di pescatori, diventate entrambi simbolo di due mondi che il mare insieme unisce e separa.
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pubblicato il 5 Dicembre 2022 da admin | in | tag: Airone, Focus, Massimo Brega, Meridiani, Mondo Sommerso, Quark, Scienza e Vita, Topolino, Tuttoturismo, Vogue | commenti: 1
Foto assolutamente SPETTACOLARE!!! Complimenti!